“Guerra: fenomeno collettivo che ha il suo tratto distintivo nella violenza armata posta in essere fra gruppi organizzati.” Enciclopedia Treccani
“Terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari. Salvo patto contrario, l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da tumulti popolari.” Art. 1912 Codice Civile Italiano.
“Sono a carico dell’assicuratore le perdite e i danni che accadono alle cose assicurate, per cagione dei casi fortuiti o di forza maggiore dei quali ha assunto i rischi. […].
Egli non risponde dei rischi di guerra e dei danni derivanti da sollevazioni popolari, se non vi è convenzione contraria.” Art. 434 Codice del Commercio del Regno d’Italia (R.D. n. 1062/1882).
Che sia per esperienza diretta o indiretta, tutti sapremmo fornire una definizione di cosa sia la guerra. La ragione è intuitiva: si tratta di un fenomeno antico, che fa parte della storia dell’uomo e che insieme all’uomo è nato e continua ad evolversi. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il continente europeo ha conosciuto un lungo periodo di pace, minacciata dagli eventi degli ultimi mesi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ci ha ricordato che la pace non è un bene da sottovalutare e che, come diceva Albert Camus, “non vi è dubbio che una guerra sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare”.
Oltre alla minaccia costante e alla perdita di numerose vite, la guerra costituisce da sempre una minaccia per i traffici commerciali; è possibile premunirsi contro tale evento e riuscire a svolgere la propria attività, limitando i rischi connessi a tale fenomeno?
Il codice del commercio del Regno d’Italia, emanato nel 1865, prevedeva la copertura assicurativa del rischio guerra. Nella prassi, però, la copertura assicurativa veniva spesso negata. A questa prassi si sono allineate le codificazioni successive, ovvero il codice del commercio del 1882 e, poi, il codice civile del 1942 (tuttora vigente e che prevede l’unificazione della disciplina civile e di quella commerciale). La lettura degli articoli di legge sopra riportati, infatti, non lascia spazio a dubbi: l’assicuratore non risponde delle perdite derivanti dal rischio guerra, ma … le parti possono accordarsi diversamente.
Benché sulla base di condizioni speciali, è possibile assicurare il rischio guerra, che si concretizza in perdite economiche causate da scontri tra nazioni o da altre forme di violenza politica, incluse le guerre civili e le insurrezioni, fino ad arrivare agli atti di terrorismo, agli attentati e ai dirottamenti. Chiaramente, costituendo un aggravio del rischio per la Compagnia, queste clausole sono normalmente escluse dalle polizze convenzionali, ma in alcuni settori, gli assicurati – esposti più di altri a tali fenomeni – le richiedono espressamente. E’ il caso delle compagnie aeree o delle compagnie di navigazione, che la prevedono per il mezzo ma anche per l’equipaggio, i passeggeri e il carico.
Quando il rischio guerra smette di essere assicurabile? Quando il conflitto è dichiarato o noto, insomma quando non è un rischio ma una certezza. In questo caso, infatti, viene meno l’aleatorietà che caratterizza il contratto assicurativo.
In ambito trasporti, le clausole internazionali guerra (“Institute War Clause”) prevedono la possibilità di cancellazione anticipata delle stesse all’interno di una polizza esistente, nell’arco di pochi giorni (solitamente sette). E’ ciò che si è visto nel corso della situazione bellica recente, con l’invio da parte degli assicuratori della disdetta dei rischi guerra con riferimento ai trasporti da e/o per e/o attraverso i territori coinvolti, a loro tutela. Nel caso della situazione attuale, la questione si complica ulteriormente anche a causa delle recenti sanzioni internazionali (anch’esse in qualche modo una forma di conflitto, di tipo economico), che richiedono verifiche particolari anticipate e in caso di sinistro, per evitare che vengano favoriti, indennizzandoli assicurativamente, soggetti sanzionati.